Ad Hannover, tra padiglioni pieni di trattori mastodontici e irroratrici a bracci infiniti, i mezzi che attirano più sguardi non sono necessariamente i più grandi, ma i più “intelligenti”. Robot senza cabina che si muovono da soli tra i filari, mietitrebbie che regolano in autonomia centinaia di parametri al minuto, irroratrici che “vedono” le infestanti e spruzzano solo dove serve. Agritechnica, la più grande fiera mondiale dedicata alla meccanizzazione agricola (una sorta di “salone dell’auto” dei trattori e delle tecnologie per l’agricoltura), racconta bene una verità che nel settore è ormai data per acquisita: il prossimo salto della produttività agricola non arriverà dalla forza bruta, ma da dati, algoritmi e automazione.
È qui che CNH, colosso delle macchine agricole che incorpora marchi come New Holland, Case IH e Steyr, sta provando a giocare d’anticipo. Al Tech Day 2025, alle macchine tradizionali ha affiancato una narrazione molto precisa: “Il suolo è la risorsa più preziosa per gli agricoltori”. Se il terreno è la linea produttiva, allora ogni passaggio (dalla preparazione del letto di semina fino alla raccolta) va misurato, ottimizzato, reso ripetibile.
Più cibo, meno terra, meno margine di errore
Il background è noto ma non per questo meno urgente: solo una minuscola parte della superficie terrestre (3%) è realmente coltivabile, con una quota importante dei suoli (33%) già degradata e il clima che rende sempre più instabili rese e calendari. Oltre a fertilizzanti, carburanti e fitofarmaci che pesano sempre di più sui costi e inquinano l'ambiente. A questo si aggiunge la variabile manodopera: nei frutteti e nei vigneti, soprattutto in Europa, trovare persone disposte a lavorare in campo è sempre più difficile.
È in questo incrocio di necessità che l’automazione, come già dimostrato in svariati settori, diventa necessità produttiva. Non solo con robot sperimentali, ma con una progressiva iniezione di intelligenza nelle macchine già oggi in vendita.
L’automazione entra davvero in campo
CNH ha già in listino sistemi che, nella preparazione del terreno, regolano automaticamente profondità e assetto degli attrezzi in base alle mappe di campo: nei test interni hanno permesso di ridurre i consumi di gasolio fino al 17% e di aumentare le rese di circa il 4%. Anche perché nella semina, ormai, la precisione è questione di centimetri: mantenere oltre il 95% dei semi nella traiettoria ideale significa meno sprechi e coltivazioni più uniformi.
Sul fronte della protezione delle colture, CNH punta sulle irroratrici con sistema “Sense & Act”, che grazie a telecamere e algoritmi distinguono le infestanti dal terreno nudo e aprono gli ugelli solo dove rilevano vegetazione. Nei test interni questo approccio ha permesso di ridurre in modo sensibile l’impiego di erbicidi nelle applicazioni “verde su marrone”, con l’obiettivo di arrivare, con le prossime evoluzioni “verde su verde”, a tagli ancora più marcati anche quando le erbe spontanee crescono in mezzo alle colture.
Il robot R4

Quando si parla però di colture permanenti, come i frutteti e i vigneti, a colpire è soprattutto R4, il piccolo robot compatto presentato da New Holland, ancora in fase di test ma pronto per il debutto su larga scala dal prossimo anno. Non si tratta di un trattore in miniatura, ma di una piattaforma autonoma pensata per i lavori ripetitivi che nessuno vuole più fare: sfalcio tra i filari, lavorazioni leggere ed irrorazione. Esiste in versione completamente elettrica, per i vigneti più stretti, e in versione ibrida per filari più ampi e carichi di lavoro più intensi.
Grazie a una sorta di “cintura” di sensori (videocamere su tutti i lati, LIDAR anteriore e posteriore, ricevitore satellitare), il robot mappa in 3D l’ambiente, riconosce ostacoli e segue le traiettorie impostate con estrema precisione. Il lavoro viene programmato e monitorato via app, in collegamento con le piattaforme digitali del gruppo, così da poter gestire interi blocchi di filari, verificare cosa è stato fatto e ripetere le stesse operazioni in momenti diversi della stagione. In pratica, trasforma attività di routine in un servizio continuativo, che può lavorare in completa indipendenza.
FieldOps, il cervello digitale che tiene insieme tutto
Il cervello che coordina e muove questo grande sistema si chiama FieldOps, l’ambiente digitale in cui confluiscono i dati di trattori, irroratrici, mietitrebbie, robot e sensori di campo.
Invece di ricevere informazioni spezzettate su terminali diversi, l’agricoltore ritrova in un’unica interfaccia i percorsi di lavoro, i consumi, le mappe, gli interventi di difesa ed eventuali allarmi. Da lì può programmare le lavorazioni, seguire in tempo reale cosa sta accadendo in ogni appezzamento e confrontare campagne diverse, con uno storico che diventa parte integrante dell’azienda quanto un capannone o un attrezzo.
Il tutto appoggiato a una connettività che non può più permettersi buchi: da qui la partnership con Starlink per garantire banda larga anche nelle aree rurali più isolate, dove la rete mobile tradizionale è spesso debole o assente.
I dati e il rischio di una rivoluzione a due velocità
Resta però un tema delicato: chi controlla davvero questa nuova materia prima, cioè i dati? CNH sostiene che restino di proprietà dei coltivatori e che la piattaforma sia aperta ad agronomi, consulenti e fornitori, senza rinchiudere l’azienda agricola in un recinto proprietario. Ma l’investimento in macchine, software, abbonamenti e formazione rischia di accentuare un dualismo già presente: aziende strutturate da una parte, realtà piccole o marginali dall’altra, per cui il salto digitale resta difficile da sostenere.
Qui la questione esce dai confini di un singolo gruppo industriale. Nei prossimi anni la differenza la faranno tre fattori molto concreti: quanto questi sistemi saranno interoperabili, quanto costeranno davvero e quante competenze riusciranno a creare sul territorio. Se resteranno strumenti per pochi, i divari nella produzione agricola tenderanno ad allargarsi. Se diventeranno accessibili e diffusi, potranno incidere in modo misurabile su rese, uso delle risorse e impatto ambientale. L’intelligenza applicata ai campi è quindi una delle variabili che peseranno sulla disponibilità di cibo, e sulla tenuta economica del settore, nei prossimi decenni.
Articolo sponsorizzato da CNH