Un robot umanoide, finché resta un umanoide, è ormai semplice da raccontare: gambe, braccia, una promessa di somiglianza. Eppure, Tron 2, creatura della cinese LimX (associata tendenzialmente a robot “acrobati” dall'equilibrio fuori dal comune), complica volutamente la storia, perché non chiede di essere giudicato per la somiglianza con gli esseri umani ma per la capacità di cambiare forma quando il contesto lo impone. Una robotica che smette di inseguire l’idea del corpo unico e perfetto, quindi, per costruire invece una piattaforma che accetta compromessi diversi senza costringere a ripartire ogni volta da zero.
In poche parole, Tron 2 è un sistema modulare che può essere riconfigurato in pochi passaggi a seconda della necessità. La stessa base può lavorare da bipede, passare a una modalità su ruote oppure assumere una configurazione con doppio braccio, in base alla singola missione o all'obiettivo. L’elemento interessante, più della singola trasformazione, è la logica: se l’ambiente cambia, non cambia il robot in sé, ma il suo intero assetto.
La vita reale, per un robot, non è fatta di pavimenti perfetti e spazi a misura di prototipo, ma di scale e dislivelli, di corridoi lunghi dove contano velocità e continuità, di postazioni di lavoro dove la manipolazione diventa la funzionalità principale. Proprio per questo, LimX insiste sul fatto che si tratta della stessa piattaforma di base, riconfigurabile a seconda del compito, senza dover riprogettare ogni volta l’intero sistema.
Un cuore, tre anime
Tecnicamente, la scommessa di LimX si gioca tutta sulla distinzione tra cervello e arti. Il nucleo centrale di Tron 2, quello che ospita l'unità di calcolo, la sensoristica per la percezione e le batterie, rimane la costante invariabile. A cambiare sono le estremità: i piedi bipedi, ideali per terreni accidentati o scale, vengono sostituiti da ruote motorizzate quando serve coprire distanze in piano velocemente, oppure da basi fisse per operazioni di manipolazione fine.
Non stiamo parlando di un semplice assemblaggio meccanico stile Lego, ma di una sfida ingegneristica ben più complessa che riguarda il software. La vera barriera all’ingresso per un sistema multimodale è far sì che l'intelligenza artificiale a bordo riconosca istantaneamente la propria configurazione fisica e adatti la cinematica di conseguenza. Un robot che cammina gestisce il baricentro in modo opposto a uno che rotola o a uno che deve sollevare carichi da fermo. LimX sfrutta qui il suo know-how sugli algoritmi di controllo del movimento (quelli che hanno reso famosi i loro robot quadrupedi) per creare un sistema operativo fluido, dove il cambio di forma non comporta un reset cognitivo della macchina.