Ci sono smartphone che, dopo il lancio, scivolano rapidamente nel rumore di fondo. E poi ci sono quelli che, mesi dopo, continuano a catalizzare domande, soprattutto quando si avvicina il Natale: “Ma il nuovo iPhone com’è davvero?”. iPhone 17 Pro Max appartiene a questa seconda categoria, quest'anno forse più degli ultimi.
Per capirlo non bastano schede tecniche e benchmark vari: va spremuto in giornate da 48 ore e 200 attività, bombing di notifiche, set improvvisati e spostamenti continui. In questi due mesi e mezzo è stato usato come unico telefono, personale e professionale, fino a sostituire in molte situazioni persino la mirrorless che di solito accompagna le nostre produzioni. È da simili esperienze, più che dall'ormai remoto keynote, che conviene partire per capire che tipo di salto fa davvero il nuovo top di gamma di Cupertino.
Design: la vera rottura è qui
Il 17 Pro Max è il primo iPhone, forse dai tempi di X, che si fa riconoscere subito da lontano. Il guscio unibody in alluminio forgiato a caldo e soprattutto il “plateau” orizzontale che occupa tutta la fascia superiore della scocca cambiano completamente la lettura del retro: non più l’isola quadrata, ma una barra che integra le tre fotocamere da 48 megapixel, microfono e flash in un unico blocco.
Le nuove colorazioni raccontano perfettamente questo cambio di passo. Arancione cosmico è il manifesto estetico dell’anno: molto più sofisticato dal vivo rispetto alle foto promozionali, con riflessi che virano quasi al rame. Blu profondo è la scelta sicura ma non noiosa, elegante senza risultare anonima, mentre Argento resta la variante da studio, quella che regge meglio nel tempo e con le cover trasparenti, nonché la mia preferita. La mancanza del nero, a mio modesto parere e al netto degli scetticismi iniziali, non si sente affatto.
L’alluminio sostituisce il titanio della generazione precedente, scelta che ha permesso ad Apple di lavorare su peso, dissipazione e soprattutto palette cromatica. In mano il 17 Pro Max è comunque un telefono importante: 6,9 pollici di display OLED, 233 grammi, spessore non trascurabile. Ma il plateau aiuta paradossalmente il grip e, complice la nuova Ceramic Shield 2, il telefono dà l’idea di poter reggere bene diversi cicli di uso e riuso senza collezionare graffi eccessivi. E non badate ai video sensazionalistici rimbalzati sui social network, che mostrano la scocca incline a segni rovinosi con la sola forza dello sguardo: mi è capitato di farlo cadere a terra almeno una decina di volte da settembre ad oggi, una volta persino senza cover. Sarò stata graziata dagli dèi, chissà, ma il telefono è rimasto impeccabile.
Il display Super Retina XDR da 6,9" arriva fino a 3.000 nit di picco all’aperto, con ProMotion a 120 Hz e la nuova interfaccia Liquid Glass di iOS 26 che rende l’insieme più coeso, più “vetroso”, anche rispetto ai 16. Sotto il sole pieno, inquadrature e testi restano leggibili senza acrobazie con l’angolazione: per chi scatta o gira spesso all’esterno è una qualità non indifferente.
Prestazioni, batteria e Apple Intelligence
A19 Pro, 12 GB di RAM, modem Snapdragon X80, Wi-Fi 7, Bluetooth 6: la parte muscolare è quella che ci si aspetta da un top di gamma di quest'anno. Nella pratica, dopo settimane di uso reale, significa che è difficile mettere iPhone 17 Pro Max davvero in crisi: non lo fanno incrinare neanche l'editing, il multitasking pesante, i giochi AAA e le registrazioni prolungate.
La differenza più percepibile, però, è la batteria. Il nuovo design interno libera più volume per l’accumulatore e, complice l’efficienza dell’A19 Pro, il 17 Pro Max diventa l’iPhone con la migliore autonomia di sempre: Apple dichiara fino a 39 ore di riproduzione video, contro le 33 ore del 16 Pro Max e le 29 del 15 Pro Max. Nella quotidianità, significa chiudere la giornata dopo un uso massiccio sopra il 40 per cento residuo, senza alcuna politica della lesina.
La ricarica non gioca al rialzo sui Watt come fa il mondo Android, ma si normalizza su standard più attuali: fino a circa 40 W via USB-C con alimentatore compatibile, abbastanza per riportarlo dallo 0 al 50 per cento in una ventina di minuti, e ricarica wireless MagSafe/Qi2 fino a 25 W. Il caricatore, com’è ormai regola, non è più in confezione.
Capitolo Apple Intelligence: con iOS 26 l’integrazione dell’IA di casa diventa ancora più profonda e armoniosa. La riscrittura dei testi, gli strumenti per ripulire le foto e generare immagini stile “Genmoji”, il supporto di ChatGPT lavorano in locale o con un ricorso misurato al cloud. Funziona, è coerente con la narrativa privacy-first di Apple, ma non è ancora quel salto che si vede in alcuni assistenti concorrenti: l’impressione, dopo mesi, è di un cantiere promettente che deve ancora diventare centrale nella quotidianità d’uso.
Le tre 48 megapixel dietro: plateau scenografico, risultati concreti
Il sistema Pro Fusion sul retro (principale, ultra-grandangolo e tele, tutti da 48 megapixel) è la parte su cui converge gran parte della comunicazione ufficiale, ed è anche quella che più spesso viene usata come “metro” per giudicare il telefono.
Il sensore principale migliora soprattutto sul fronte gamma dinamica e tenuta alle alte luci: cielo e pelle convivono meglio nella stessa inquadratura, anche in controluce, con meno necessità di intervenire in post. L’ultra-grandangolo guadagna dettaglio ai bordi e una resa più coerente per colore e contrasto rispetto alla lente standard, e non è più la camera “di serie B” da usare solo in piena luce.
Il tele è un 4x “puro” che, complice il sensore più ampio, consente a Apple di spingersi a un 8x di fatto ottico via crop mantenendo foto perfettamente utilizzabili per social e lavori non particolarmente critici. Sulla carta è meno estremo degli zoom 5x o 10x di alcuni Android, ma nella pratica, soprattutto quando la luce inizia a calare, restituisce risultati più consistenti, con meno scatti da scartare.
Sul video, la combinazione di stabilizzazione, resa colore uniforme sulle tre ottiche e supporto a ProRes, ProRes RAW e Dual Capture lo rende di fatto un secondo corpo macchina (nel nostro caso, come detto, spesso il primo) molto credibile per chi lavora già in ecosistema Apple: collegato a Final Cut su Mac o iPad, il flusso di lavoro è immediato.
Il sensore quadrato frontale: la vera novità per chi crea contenuti
La svolta più interessante, e non solo per chi vive di selfie, vlog e collegamenti video, sta però davanti, non dietro. La nuova fotocamera Center Stage da 18 megapixel usa un sensore quadrato 1:1, concettualmente diverso dalla classica logica “rettangolare” della maggior parte degli smartphone.
In pratica, l’iPhone cattura su una “tela” quadrata più ampia rispetto all’inquadratura che finirà nel file. Registra più scena di quella che ti serve davvero e solo dopo decide come ritagliare (verticale, orizzontale, 4:3, 16:9, quadrato). Quell’area in più non è un semplice lusso per i formati social, ma un margine di manovra che la stabilizzazione usa come cuscinetto digitale per compensare passi, tremolii del braccio, piccoli movimenti di testa.
Perché funzioni così bene serve un lavoro di squadra tra hardware e software: l’ottica illumina anche gli angoli estremi del sensore, la lettura è rapidissima per non far “saltare” l’anteprima, gli algoritmi ritagliano e stabilizzano al volo il fotogramma sovracampionato. Non è più solo una questione di quanti megapixel hai, ma di come li usi per costruire un’immagine più robusta già in ripresa.
C’è anche una nota operativa che emerge solo dopo un po’ di uso: se scatti direttamente in 1:1, oggi l’output automatico è un crop centrale abbastanza conservativo. Per spremere tutta la risoluzione del sensore conviene spesso acquisire più largo e rifinire il taglio in post.
Il tassello che chiude il cerchio, per chi lavora con i video, è l’arrivo di ProRes RAW anche dalla frontale tramite Final Cut Camera, l’app di ripresa professionale di Apple per iPhone e iPad: significa poter registrare dati quasi grezzi del sensore quadrato, su cui intervenire davvero in post produzione, da esposizione a colori.
Sostenibilità, prezzi in Italia e senso dell’upgrade
Dal Product Environmental Report emerge un quadro coerente con la strategia "Apple 2030”: iPhone 17 Pro e Pro Max arrivano a circa il 30 per cento di contenuto riciclato complessivo, con il 50 per cento di alluminio riciclato nel guscio, il 100 per cento di cobalto e il 95 per cento di litio riciclati nella batteria, il 100 per cento di terre rare riciclate nei magneti e una camera di vapore con rame interamente riciclato. Circa il 40 per cento dell’energia elettrica usata in produzione è coperta da progetti di energia rinnovabile - come i nuovi parchi fotovoltaici europei, fra cui quello di Segovia, che ho visitato di persona lo scorso mese -, mentre il packaging è 100 per cento a base fibra, più compatto e studiato per ridurre le emissioni in trasporto.
È il lato di Apple che si percepisce meno in negozio ma che, numeri alla mano, la eleva ancora da buona parte della concorrenza. Detto questo, uno smartphone “più verde” è sempre meglio di uno smartphone che lo è meno, ma il prodotto più sostenibile resta quello che non si cambia ogni anno.
Per quanto riguarda il prezzo, in Italia il listino ufficiale parte da 1.489 euro per 256 GB, 1.739 per 512 GB e 1.989 per 1 TB: sono esattamente gli stessi prezzi di lancio del 16 Pro Max, con in più il nuovo taglio da 2 TB a 2.489 euro. Un posizionamento da fascia altissima che lo rende un telefono non per tutte le tasche, e che ha senso soprattutto per chi arriva da un 14/15 Pro (o da modelli ancora precedenti) e lo considera un investimento da tre-quattro anni, o meglio ancora uno strumento di lavoro vero e proprio.
Sul fronte vendite, i primi numeri raccontano un debutto molto solido per la serie iPhone 17 e per il Pro Max in particolare. Secondo Counterpoint, nei primi dieci giorni di disponibilità fra Stati Uniti e Cina la serie iPhone 17 ha venduto circa il 14 per cento in più della 16, con il 17 Pro Max indicato come il modello più richiesto in USA e un mix molto forte anche in Cina. A ottobre, sempre in Cina, un telefono venduto su quattro era un iPhone e le vendite totali sono cresciute del 37 per cento anno su anno proprio grazie ai 17, con tutte le varianti - base, Pro e Pro Max - in doppia cifra positiva. Non sono numeri specifici per l’Italia, ma raccontano bene come il Pro Max sia il modello aspirazionale che sta trainando una parte importante della domanda globale.
Anche perché, alla fine, il top di gamma di Cupertino è la rottura estetica più netta che Apple abbia messo in atto negli ultimi anni, ma il pezzo forte non è il plateau, né l’Arancione cosmico: è il modo in cui, quasi senza far rumore, alza l’asticella di ciò che oggi consideriamo “normale” sul fronte batteria, fotocamera (anche frontale) e affidabilità quotidiana. Ed è con questa nuova normalità che, volenti o nolenti, il resto del mercato sta già facendo i conti.