Quando nel 2019 Samsung portò sul palco il primo foldable, si trattava ancora di una tecnologia agli esordi: un device avveniristico, concepito più per mostrare i progressi ingegneristici raggiunti dall'azienda, che per rispondere a esigenze d'uso concrete e calabili nel quotidiano. Le prime generazioni sono servite soprattutto a risolvere problemi strutturali e affinare l’esperienza d’uso, tra schermi più resistenti, cerniere ridisegnate e interfacce ottimizzate. Sei anni dopo, con il Galaxy Z Fold7, protagonista dell’Unpacked 2025 di New York, ecco spalancarsi una nuova fase: quella in cui la casa coreana non vuol più stupire con il form factor, ormai sdoganato anche da altri produttori dello stesso continente, ma far vestire al pieghevole i panni del dispositivo maturo, destinato a un’utenza evoluta (e alto spendente) che oggi chiede allo smartphone a portafoglio di assorbire - seppur con i limiti del caso - le funzioni di tablet e notebook in un unico formato tascabile. Ma andiamo con ordine.
Più di un telefono a portafoglio
Già dalle primissime impressioni, è chiaro che Fold7 non sia più solo un telefono che si piega, ma una piccola macchina da lavoro tascabile. Chiuso mantiene dimensioni compatte e un peso contenuto, frutto di un lavoro di cesello sul design e sulla meccanica della cerniera, ridisegnata per essere più sottile ma finalmente robusta. Aperto, svela un display interno da 8 pollici che si avvicina più all’esperienza di un mini laptop che a quella di un semplice telefono esteso. La Flex Mode, ora attiva di default, non è più una modalità sperimentale: permette di suddividere lo schermo tra contenuti e strumenti di produttività con una naturalezza che le prime generazioni si sognavano. Su YouTube, ad esempio, la parte inferiore dello schermo si trasforma in centro di controllo, mentre il video rimane comodamente visibile sulla parte superiore.
La priorità evidente per la casa coreana, però, è stata correggere definitivamente il primo limite dei foldable: la fragilità strutturale. La cerniera del nuovo Fold, tra i punti deboli del passato, è stata riprogettata, con un nuovo sistema più compatto e resistente che consente aperture a qualsiasi angolazione senza incertezze o cedimenti. Il vetro ultrasottile interno è stato rinforzato con una stratificazione che include il titanio, mentre il telaio in alluminio è stato aggiornato con quella che l'azienda definisce la lega più resistente mai utilizzata su uno smartphone Samsung. Cosa che si percepisce anche nei fatti: le incertezze strutturali delle prime versioni lasciano spazio a una solidità costruttiva che restituisce una sensazione più coerente con un prodotto di fascia alta.
L'AI è centrale
Accanto al lavoro strutturale, l’altro asse su cui Samsung ha costruito l’identità del Fold7 è l’intelligenza artificiale. Si continua a puntare su Galaxy AI, già introdotta un anno e mezzo fa, e ora adattata alle dinamiche del display pieghevole (di cui restano invariati strumenti come Live Translate, Note Assist e Transcript Assist, arricchiti da un’integrazione ancora più fluida grazie a One UI 8). A questa si affianca l’intelligenza artificiale di Google, con l’assistente Gemini Live sempre accessibile, con cui è possibile attivare ricerche visive direttamente sul display pieghevole, sfruttare lo screen sharing o il camera sharing per mostrare all’AI ciò che stai guardando - che sia uno screenshot o la fotocamera in uso - e ricevere in tempo reale spiegazioni, approfondimenti o suggerimenti, senza mai abbandonare l’app corrente. Un tool che chi scrive ha trovato particolarmente illuminante nei contesti museali o a passeggio per le aree ricoperte di graffiti di Williamsburgh, a pochi isolati dalla location dell'Unpacked.
Non tutto luccica
Non tutto, però, ha raggiunto lo stesso livello di maturità. Il comparto fotografico, con sensore principale da 200 MP, è migliorato insieme all'elaborazione AI. Il limite emerge quando servono zoom molto spinti o scatti in condizioni complesse: il Fold7 mantiene una buona qualità fino al tele, ma non raggiunge la versatilità del Galaxy S25 Ultra, che resta senza dubbio il punto di riferimento per chi punta alla fotografia. Detto questo, considerando la natura (pieghevole) del dispositivo, è un un compromesso accettabilissimo, sebbene forse ci si sarebbe aspettato qualcosa in più in termini di risultati.
Dal punto di vista dell’autonomia, la batteria da 4.400 mAh si difende ma non brilla: nell’uso misto si arriva a fine giornata, ma con multitasking intenso o sessioni prolungate di video o gaming, la ricarica extra a fine pomeriggio resta tutt'altro che rara. Un miglioramento rispetto al predecessore, ma ancora lontano dai livelli di durata dei top di gamma tradizionali.
A chi si rivolge
Tutto bene, finché non si guarda il prezzo, perché il Fold7 continua a parlare un linguaggio esclusivo: parliamo di un dispositivo ultra-premium, con una soglia d’ingresso che parte da 2.199 euro. È uno smartphone rivolto a una nicchia ben definita, fatta presumibilmente di utenti che cercano uno strumento di produttività "tascabile" e/o che hanno un interesse maniacale, al limite del collezionismo, verso tutto ciò che fotografa lo stato dell’arte tecnologico.
Il rischio, però, è che resti per questo confinato a una fascia elitaria. E se sul fronte della solidità strutturale, dell’esperienza d’uso e dell’integrazione software, il Fold7 è davvero due, se non tre o quattro, passi avanti rispetto alle precedenti generazioni, la vera democratizzazione del pieghevole, quella che lo renderà davvero accessibile anche oltre la fascia altissima del mercato, potrebbe richiedere ancora qualche anno. Vediamo!