C’è un paradosso che sta facendo rumore: si parla di “marcia indietro” sulle auto elettriche, ma quello che si muove davvero è il contrario. Non tanto l’obiettivo, quanto il modo di arrivarci. E la differenza conta, perché cambia cosa conviene produrre, cosa conviene comprare e, soprattutto, chi paga il prezzo della transizione.
Il quadro di partenza è noto: le regole UE sulle emissioni di auto e furgoni fissano dal 2035 un target di emissioni zero allo scarico per le nuove immatricolazioni. Un segnale forte, quasi un taglio netto nella storia dell’auto europea, che ha scombussolato la politica, l'industria e l'opinione pubblica. Ma un segnale, da solo, non basta a governare un mercato complesso e disomogeneo come quello del Vecchio Continente. Le costrizioni, soprattutto quando calate dall’alto, non vengono mai digerite in silenzio: dalle filiere alle abitudini di chi guida, l’Europa non è e non può essere un blocco unico.
Il 2035 resta, ma il perimetro si ridisegna
Lo scorso 16 dicembre, la Commissione ha aggiustato il tiro (e non ha fatto, come molti credono, dietrofront). Non si tratta, però, di una decisione già definitiva, ma un set di proposte che dovrà passare dal Parlamento e dal Consiglio.
Stando a quanto riportano Reuters e altre agenzie di stampa internazionali, l’ipotesi sul tavolo è spostare il target dal -100% di emissioni allo scarico al -90%, lasciando quindi un 10% da compensare con altri metodi. Nel testo che circola in queste ore, i canali citati sono due: l’uso di acciaio “green” e/o carburanti sostenibili come e-fuel e bio-fuel.
Chi vorrà continuare a immatricolare auto termiche, quindi, dovrà farlo dentro un perimetro che, con ogni probabilità, resterà costoso. Non un via libera al termico, sia chiaro, ma un modo per renderlo regolatoriamente possibile a condizioni stringenti. Da qui la conseguenza plausibile che il termico “puro” rischi di restare sostenibile soprattutto dove ci sono margini alti, quindi su modelli premium. Un recente approfondimento di Quattroruote.it ipotizza uno scenario che non vede la sopravvivenza tout court del motore termico in sé, piuttosto la selezione economica di chi potrà verosimilmente permetterselo.
Le E-car e la leva che pesa nei conti
Dentro lo stesso pacchetto spicca anche il ruolo delle cosiddette “E-car”. Ufficialmente, la Commissione parla di una nuova categoria regolatoria di piccole elettriche (sotto i 4,2 metri) che, come spiega Reuters, fino al 2034 beneficerebbe di super crediti nel calcolo della CO2 di flotta.
Qui la parola chiave è proprio "conteggio”. In pratica, quelle auto potrebbero contare di più: non perché emettano meno di un’elettrica tradizionale, ma perché nei calcoli con cui si verifica il rispetto dei target aiuterebbero maggiormente. È chiaro sia una leva regolatoria che vuole spingere l’offerta sulle elettriche compatte e abbordabili.
Direzione tracciata, spazio di scelta
Piu che un’inversione a U, le ultime scelte di Bruxelles sono un ritocco al metodo. La partita, adesso, è tutta nei dettagli, perché chi scrive le regole decide anche chi vince sul mercato. Se quel 10% resterà un costo da coprire e le E-car avranno davvero un peso maggiore nei conteggi, il 2035 non cambierà forma, ma cambierà la selezione. Più elettriche piccole da vendere in massa, e un termico che sopravvive solo dove ha margine per pagarsi il permesso di esistere.