A Milano l’acqua è scenografia e infrastruttura insieme: la si vede nei Navigli e in Darsena, ma è presente anche quando non visibile. Il punto è che, tra traffico, cantieri, porticcioli, officine e vita quotidiana, basta poco perché un canale diventi vulnerabile. Non serve un disastro: spesso il problema è più banale e più subdolo, come uno sversamento accidentale di oli o idrocarburi, oppure una contaminazione che si somma ai rifiuti e alla fragilità degli habitat.
È su questa linea, più concreta di altre perlustrate finora, che si inserisce l’annuncio di “Mission to Blue”, progetto con cui Hyundai Italia entra nella Water Defenders Alliance (WDA), iniziativa coordinata da LifeGate che mette insieme imprese, istituzioni, porti, comunità locali, start-up e ricerca per azioni di tutela degli ecosistemi acquatici e della biodiversità.
Il progetto sceglie un punto simbolico e leggibile anche fuori dalle cerchie ambientaliste: la Darsena come innesco narrativo e operativo, perché se tocchi un luogo iconico la città ascolta (o, per lo meno, si ferma un attimo).
Un’alleanza che prova a mettere metodo (non solo buone intenzioni)
La Water Defenders Alliance, per come viene descritta, nasce con l’ambizione di fare una cosa semplice e difficile: trasformare interventi locali in un lavoro coordinato, con un metodo che parla di misurazione, trasparenza e impatto sul territorio. E non è un dettaglio, perché, quando si parla di ambiente, la distanza tra il progetto” e il risultato è il punto che decide se il racconto regge.
Nel caso milanese entra in campo anche il Consorzio Est Ticino Villoresi, indicato come “custode” delle acque dei Navigli, con un messaggio che suona quasi come una richiesta di civiltà urbana: quei canali non sono solo sfondo per la movida, ma patrimonio collettivo che va rispettato e protetto anche da contaminazioni evitabili.
Il Comune di Milano, con l’assessorato competente, richiama poi un tema chiave: la capacità di fare rete tra imprese, istituzioni, ricerca e comunità locali come leva strategica per affrontare sfide ambientali che non sono solo di quartiere, ma di città e di Paese.

FoamFlex: la tecnologia “spugna” contro gli sversamenti
La parte più interessante, perché più verificabile, è quella operativa: Hyundai sostiene la fornitura di kit assorbenti pensati per gestire sversamenti accidentali di oli e idrocarburi, con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle contaminazioni nelle aree coinvolte.
Parliamo di FoamFlex, un brevetto italiano sviluppato da T1 Solutions, start-up clean tech. Si tratta di un materiale spugnoso che assorbe oli e idrocarburi in modo selettivo rispetto all’acqua, fino a 30 volte il proprio peso, e che, secondo quanto dichiarato, può essere riutilizzato fino a 200 volte. L’intento non è solo assorbire”, ma anche recuperare quanto raccolto e destinarlo alla filiera degli oli esausti.
C’è poi un numero forte, presentato come dichiarazione dell’azienda: nel ciclo di vita, un chilo di FoamFlex potrebbe assorbire fino a 6.000 kg di idrocarburi. È una stima che va letta per quello che è, ma serve a chiarire la logica del progetto: intervenire presto, con strumenti pronti, prima che una piccola contaminazione diventi un problema più grande.
Un ultimo elemento, non secondario, riguarda il perimetro d’uso: FoamFlex viene indicato come riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per l’impiego in mare nei processi di bonifica come prodotto inerte dal punto di vista chimico e biologico. Anche qui, il valore sta nella concretezza, affinché la tutela delle acque passi prima di tutto da strumenti che funzionino sul campo.