Non arriverà domani, né dopodomani, ma Google ha già deciso di prenotare una fetta della futura energia da fusione nucleare. L’azienda ha firmato un accordo con Commonwealth Fusion Systems (CFS) per acquistare 200 MW di potenza elettrica dalla centrale ARC, che verrà costruita in Virginia e che dovrebbe diventare operativa nei primi anni del 2030.
Una relazione di lungo corso
Per Google si tratta di una scommessa già ben avviata. L’azienda investe in CFS dal 2021 e ha seguito da vicino l’evoluzione di una startup che nel settore della fusione privata si è rapidamente imposta come uno degli attori più solidi, raccogliendo oltre 2 miliardi di dollari dal 2018.
La centrale ARC utilizzerà deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno, per generare fino a 400 MW di potenza netta: un output comparabile a quello di una centrale a gas naturale di medie dimensioni, con un fabbisogno stimato per circa 150.000 abitazioni.
La lunga strada della fusione commerciale
Prima di arrivare al progetto commerciale, CFS dovrà dimostrare la solidità del proprio approccio con SPARC, il reattore dimostrativo in fase di costruzione nel Massachusetts. L’obiettivo è dichiarato: ottenere più energia di quella impiegata per mantenere stabile la reazione - il cosiddetto guadagno netto - grazie a un tokamak con magneti superconduttori e temperature superiori ai 100 milioni di gradi. Un traguardo che, per ora, resta fuori portata per tutta l’industria.
L’energia come questione industriale
L’accordo con CFS si inserisce in un quadro più ampio: Google nel 2023 ha consumato 24 TWh solo per alimentare i propri data center e la domanda è destinata a crescere con lo sviluppo di servizi cloud e intelligenza artificiale. Aumentare la capacità produttiva non basta più: le aziende tecnologiche stanno cercando fonti più stabili, a basse emissioni e con una logica di lungo termine.
Google non è sola: anche Microsoft ha stretto un’intesa con Helion Energy per 50 MW da fusione entro il 2028, ma il mercato sa bene che la fusione rimane una promessa non ancora mantenuta, con sfide tecnologiche non banali.
Negli ultimi dieci anni Google ha diversificato il proprio portafoglio energetico, spaziando tra rinnovabili, geotermia e ora anche fusione. Solo nel 2024 ha firmato contratti per oltre 8 GW di capacità pulita. Con CFS aggiunge un tassello diverso: un investimento sulla lunga distanza, in una tecnologia che potrebbe diventare centrale per alimentare un’economia digitale sempre più affamata di energia.