Lo scorso primo maggio, il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso in Italia è sceso a livelli mai visti prima. Per quasi otto ore consecutive, tra le 11.00 e le 17.00, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) si è mantenuto sotto 1 euro a megawattora. Alle 15.00 ha toccato addirittura lo zero. Un dato sorprendente, certo, ma non casuale.
La giornata festiva ha ridotto la domanda di energia, come da copione. Ma a pesare è stata soprattutto l’ondata di produzione da fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico. Il sole ha spinto i pannelli a generare oltre 11 GW, cui si è aggiunto l’autoconsumo domestico stimato in circa 5 GW. Risultato: l’offerta ha superato la domanda, e il prezzo è crollato.
Va precisato che oggi il PUN non è più un prezzo unico reale, ma un valore medio nazionale calcolato dal Gestore del Mercato Elettrico (GME) sulla base dei prezzi zonali del cosiddetto Mercato del Giorno Prima (MGP). In altre parole, è un indice di riferimento che riflette l’andamento medio dei prezzi tra le diverse zone del Paese.
Il fenomeno non è del tutto nuovo in Europa. In Germania e nei Paesi Bassi, ad esempio, capita sempre più spesso. Ma in Italia una finestra così lunga di prezzi vicini allo zero non si era mai vista. E non è detto che sia solo una buona notizia.
Rinnovabili, vantaggi e contraccolpi
Il prezzo dell’energia a zero può far pensare a un beneficio per tutti. In parte lo è: chi ha contratti indicizzati al PUN, soprattutto alcune imprese, può godere di un risparmio diretto in bolletta. Ma dietro l’apparente vantaggio si nasconde un problema strutturale.
Vendere energia a prezzo zero significa per molti produttori - soprattutto quelli non coperti da incentivi o da contratti a lungo termine - incassare nulla. E se il trend dovesse diventare ricorrente, potrebbe disincentivare nuovi investimenti nel settore. “Più solare significa meno spesa”, ha ricordato l'associazione Italia Solare in un comunicato stampa, “ma serve tutelare chi produce”.
Va anche sottolineato che in Italia, a differenza di altri mercati europei, il sistema non consente ancora l’applicazione di prezzi negativi nel MGP. Ma se il quadro attuale non cambia, quel limite potrebbe presto diventare un argomento di discussione.
Non solo. Una rete che non riesce a gestire l’eccesso rischia di diventare fragile. In Spagna, poche settimane fa, un blackout causato da un guasto su una linea ha mandato in tilt l’intero sistema. L’Italia, pur dotata di regole più rigide, non è del tutto al riparo da scenari simili.
Il nodo accumuli
La soluzione non è, quindi, fermare il fotovoltaico, ma imparare a gestirlo. Oggi, per bilanciare la rete, si ricorre ancora troppo spesso alla limitazione della produzione (curtailment) o all’esportazione. Ma sono soluzioni temporanee: servirebbe investire, e in fretta, nei sistemi di accumulo. Le batterie possono assorbire l’energia in eccesso nelle ore centrali e rimetterla in rete quando serve davvero, cioè di sera. È l’unico modo per evitare che l’energia “in regalo” si trasformi in un problema.
Qualcosa, però, si sta muovendo. La delibera ARERA 128/2025, in vigore dal 1° aprile, garantisce ora anche al fotovoltaico - e non più solo all’eolico - una remunerazione per la mancata produzione dovuta a esigenze di rete. È un primo passo. Ma se vogliamo che l’energia pulita sia anche sostenibile per chi la produce, è chiaro che non ci si possa – e non ci si debba – fermare qui.