Enel Energia e la trappola dell'abbonamento nascosto: la nostra esperienza

L'operatore ci ha addebitato 1.656 euro annui di abbonamento senza preavviso nella contrattazione telefonica. Cos'è successo e come tutelarsi

di Redazione - 16/06/2025 13:39

Questa volta è capitato a noi. Come piccola-media impresa, ci siamo trovati vittime di una pratica commerciale a dir poco discutibile da parte dell'operatore energetico con cui avevamo scelto di sottoscrivere il nostro contratto aziendale: Enel Energia.

Tutto comincia con un’offerta apparentemente semplice

Partiamo dall’inizio: lo scorso aprile abbiamo aderito telefonicamente all’offerta “Open Energy PMI” per una comune fornitura da 3 kW, convinti di aver firmato un normale contratto per la sola fornitura elettrica, con tariffe trasparenti e senza sorprese. Nessuna comunicazione scritta prima, nessun dettaglio anomalo apparente. Tutto sembrava regolare, finché non è arrivata la prima fattura.

La bolletta di giugno – la prima – ci ha riservato una spiacevole sorpresa: un addebito di 276 euro, di cui 138 euro erano attribuiti a una misteriosa “componente abbonamento”. Un costo fisso, mensile, mai menzionato durante la telefonata con l’operatore, né evidenziato in maniera chiara nella documentazione contrattuale ricevuta successivamente.
Una cifra che, su base annua, raggiunge 1.656 euro, un importo del tutto sproporzionato rispetto ai consumi medi di una PMI e che di fatto raddoppia il costo della fornitura.

Sbalorditi, abbiamo subito contestato l’addebito, spiegando che tale componente non era mai stata discussa né approvata in fase di stipula. Nessun servizio aggiuntivo era stato richiesto da parte nostra, e nulla nel contratto cartaceo sembrava giustificare tale voce. Abbiamo quindi avviato immediatamente una procedura di reclamo, inviando una PEC formale all’azienda.

La risposta di Enel: tutto regolare

Le nostre speranze sono però state rapidamente disattese. Nella risposta al reclamo, Enel Energia ha rigettato la richiesta di rimborso, sostenendo la legittimità dell’addebito e facendo riferimento a un presunto “plico contrattuale regolarmente compilato e firmato”.
Una giustificazione che, francamente, non regge: la componente abbonamento, seppur tecnicamente indicata, non era stata comunicata in modo trasparente durante la sottoscrizione telefonica, e tanto meno spiegata nei dettagli.

Come se non bastasse, avendo scoperto l’anomalia solo a fine giugno, ci siamo trovati costretti a pagare altri 138 euro anche per il mese in corso, senza possibilità di recesso immediato.

L’abbonamento per far cassa?

Per fortuna, insistendo e contattando nuovamente il servizio clienti, un operatore ha riconosciuto l’anomalia della situazione e ha accettato di modificare l’offerta in essere, eliminando la componente abbonamento.
Dal 1° luglio 2025, quindi, ci verrà applicata una nuova offerta denominata “Enel Flex Impresa PMI”, senza costi fissi non concordati, più in linea con le esigenze e le aspettative di una realtà come la nostra.

Resta però l’amarezza per quei tre mesi di spese che riteniamo ingiustificate, e soprattutto la totale perdita di fiducia verso un operatore che, almeno sulla carta, dovrebbe rappresentare un punto di riferimento affidabile nel mercato.

A questo punto, è molto probabile che decideremo di cambiare fornitore, orientandoci verso operatori più trasparenti e meno ambigui nelle comunicazioni commerciali.

Il nostro appello alle altre aziende

Questa vicenda mette in luce un problema sistemico: clausole contrattuali poco trasparenti e comunicazioni commerciali fuorvianti, che colpiscono soprattutto le piccole e medie imprese, spesso meno strutturate per leggere tra le righe dei contratti.

La liberalizzazione del mercato ha aumentato la concorrenza, sì, ma ha anche aperto la porta a pratiche aggressive che mettono in difficoltà realtà come la nostra. In questo scenario, è essenziale che tutte le aziende – e in particolare le PMI – prestino massima attenzione a ciò che viene detto (o non detto) in fase di contrattazione.

Controllate ogni voce in bolletta, pretendete trasparenza, leggete i contratti parola per parola, e non fidatevi mai esclusivamente delle offerte proposte al telefono. Contestare è un diritto, e farlo tempestivamente può evitare spese inutili.

Il nostro non vuole essere un semplice sfogo, ma un monito condiviso: in un mercato sempre più complicato, l’informazione e la vigilanza sono le uniche vere forme di tutela.